sabato 12 gennaio 2013

Le Piccole Cose

Poi succede che un giorno ti risvegli in un letto d'ospedale dopo aver subito 3 anestesie e 
2 interventi, saltando a piedi pari un giorno della tua esistenza.
Dicono che hai rischiato la vita in quella notte dopo la prima operazione, dove ti 
lamentavi per il dolore di un'emorragia interna. Ma i ricordi sono ancora troppo offuscati 
per rammentare con esattezza ogni dettaglio, ed è anche colpa della morfina. Restano le 
cicatrici coperte dalle garze, il catetere, il sondino,.. a ricordare ciò che è stato.
Passano giorni lenti dove sono le visite di un'estranea la ragione per cui vuoi uscire da 
quel letto, lei che è entrata nella tua vita quasi per caso.
Ritrovi amici che non vedevi da mesi ed altri che conosci da una vita, alcuni con lo 
sguardo che parla chiaro di come devi essere messo, altri troppo forti o troppo orgogliosi 
per rimanerci male e che sorridono come se foste davanti ad una birra a parlare di 
stupidate.
La morfina causa incubi spaventosi, hai paura a dormire. Hai anche paura a rialzarti, a 
camminare.. è come reimparare a fare il più piccolo dei movimenti. Ma lo fai, ci provi, 
combatti il tuo corpo con dolcezza perché irrigidirsi significa altro dolore ed il tuo 
addome non ne sopporta più, non ancora, non adesso.
E succede che ti avvicini ad un uomo di mezza età per una partita a carte, per passare 
insieme un pò di tempo, per allegerire ad entrambi quei giorni eterni: già, la stessa 
persona che quando entrò in quella camera d'ospedale bollasti con un "che stronzo" per come 
trattava la moglie e le infermiere, senza sapere i suoi problemi.
Tuo nonno, che ti racconta ridendo un episodio della sua giovinezza.. e tu che inizi a 
ridere con la pancia che fa male per quel drenaggio che attraversa i visceri come una 
lama.. ti accorgi del suo sguardo triste, senti una lacrima sulla guancia.. "Dovresti 
ridere di più. Sei bello quando ridi, nonno".
Di nuovo le sue mani, lei. Non la conosci, siete praticamente estranei eppure ti sei legato 
a lei. Ti perdi in quei minuti in cui è con te a fantasticare su cosa potrete fare insieme 
una volta rimesso in piedi.
Esci. E' di nuovo normalità. O quasi. Passano i giorni, migliori, piano piano. Lentamente. 
Non c'è fretta. Sei stato quasi un mese in ospedale.
Musica. Film. Libri. Musica. Film. Libri. Musica. Musica. Musica... e i sapori che iniziavi 
a dimenticare.
Di nuovo lei. Uscite. Stai benissimo, è travolgente. E' diversa, dici. Ti senti un 
adolescente con le farfalle nello stomaco. Lei propone addirittura un viaggio. Maledetta 
mutua, pensi.
Ti riaccompagna a casa, perché l'auto l'ha presa lei: "Non siamo nell'ottocento e poi devi 
riposarti". Baci lunghi una vita eppure brevissimi.


Dovrei ringraziare il mio intestino, dopotutto.